venerdì 25 luglio 2014

I "VALORI" DELLA CASA

Home sweet home, casa dolce casa...insomma: la casa rappresenta per gli Italiani un po' tutto. Pochi i popoli che si distinguono dagli altri per questo particolare attaccamento "al mattone": tra questi, si annoverano proprio gli Italiani. 
Si può infatti dire che il sogno, più o meno nascosto, di ogni abitante del Bel Paese sia quello di possedere una casa di proprietà. La maggior parte dei nostri nonni, o dei nostri genitori - di noi che siamo gli 'sfortunati' giovani di quest'epoca - soprattutto negli anni del boom economico, ce l'ha fatta a realizzare questo sogno...
Spesso col sudore di una vita e al costo di notevolissimi sacrifici , sia materiali che psicologici. Nella casa, essi vedevano infatti un concreto punto di riferimento, saldo nella sua solida corporeità e simbolo di tutte le fatiche affrontate (e superate) nella vita.

Complice di questi successi, la particolare congiuntura storica in cui si sono trovati a vivere i nostri 'predecessori': la voglia impellente di ri-costruire e di ri-costruirsi un futuro dopo lo sfascio provocato dalla Guerra, unita all'assenza di una regolamentazione asfissiante sul piano lavorativo, fiscale ed economico, indussero i nostri genitori e i nostri nonni a rimboccarsi le maniche e a tentare il colpaccio: comprarsi un terreno, un rudere, e ri-costruire, ri-affondare le proprie radici nella terra un tempo martoriata dalla guerra, dal disincanto e dalla caduta delle speranze, attraverso delle fondamenta di cemento più o meno "a norma".
Molte delle case che oggi vediamo ergersi nei nostri territori, risalgono proprio agli anni '50-'60 del Novecento - è vero, in gran parte ristrutturate e mutate nella loro fisionomia originaria, ma con un cuore nato circa 60 anni fa, che ne ha viste di cotte e di crude.

In molte di queste case abitano i "giovani" di oggi: più o meno due generazioni di Italiani purtroppo oggettivamente più sfortunati dei propri genitori o dei propri nonni. Il periodo storico non è dei migliori: i problemi occupazionali, l'instabilità politica, le spinte terroristiche, congiunte a una serie di problemi caratteristici dell'Italia (la mancanza di meritocrazia e di chiarezza nelle alte sfere politiche, l'asfissia provocata da una burocrazia esageratamente abnorme, una classe dirigenziale miope ai veri problemi del popolo, i meccanismi mafiosi che dominano in qualsiasi campo sociale) rendono particolarmente grave l'attuale situazione generale italiana.

Molti ragazzi emigrano all'estero come fecero alcuni dei nostri nonni nell'immediato dopoguerra: non a caso spesso si sente dire dalla gente che "siamo tornati indietro di 60 anni". Tutto questo è molto triste: è vero che tanti non vedono l'ora di scappare, ma molti sono proprio costretti a farlo, e la costrizione non è mai una bella cosa. Una persona dovrebbe avere almeno la libertà di scegliere quale futuro lavorativo intraprendere: per lo meno di provare. Ma lo stato italiano non lo permette, e questo provoca fughe di cervelli e quant'altro, e di conseguenza l'impoverimento culturale, tecnologico, economico, artistico, scolastico (e chi più ne ha, più ne metta) sempre più preoccupante.

Leggiamo un attimino un articolo della nostra bellissima Costituzione, contenuto tra i PRINCIPI FONDAMENTALI, ovvero tra quelle idee su cui SI FONDA il nostro stato (purtroppo solo sulla carta.......):

art. 4 Cost.

La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.


Vedete che belle queste parole? Purtroppo sono rimaste inapplicate: noi abbiamo il diritto al lavoro, e la Repubblica addirittura - dice l'articolo - fa di tutto per renderlo vero, effettivo. In più, il diritto al lavoro è anche un dovere: il cittadino cioè dovrebbe lavorare per far progredire la società in cui opera sia materialmente che spiritualmente (quindi anche il lavoro INTELLETTUALE E ARTISTICO è lavoro utilissimo e anzi fondamentale per il progresso, e non un hobby inutile, come molti purtroppo pensano!). In realtà oggi chi vuole lavorare molto spesso NON PUO', oppure è costretto a fare lavori per cui non si sente abile. Di conseguenza lavora male e NON apporta giovamenti alla società, né materiali né spirituali. 

Quello che voglio dire è che i principi costituzionali, così belli nei loro assunti, sono disapplicati dallo stesso Stato che li ha formulati, e questo va a discapito dello Stato stesso. Se i cittadini lavorano contenti, o per lo meno soddisfatti della LORO scelta di lavorare in quel determinato ambito, la società intera ne trarrebbe beneficio in ogni campo.

Tutto questo discorso è collegato alla crisi del settore immobiliare, e al sogno odierno di comprarsi casa, destinato per molti a rimanere irrealizzato. Senza lavoro, o svolgendo un lavoro sottopagato, o a nero, o con i contratti assurdi che oggi ci sono in giro, o che non piace e che quindi induce a lavorare poco e male (c'è poco da fare), come possono i giovani comprarsi casa? Vedere concretizzarsi un sogno tramandato dai familiari? Avere almeno una sia pur piccolissima stabilità in questa mobilissima vita di precariato e di migrazioni?

Fino a poco tempo fa, la risposta era semplice: non la compri, oppure ti fai aiutare dai tuoi parenti, se possibile. Oggi, a parte l'alternativa di affittare casa, vi è qualche scappatoia in più: ad esempio l'innovativo rent to buy o l'affitto con riscatto finale, che permettono di ovviare ai problemi di liquidità che la maggior parte dei ragazzi ha.

Soluzioni imperfette, è vero, e sempre limitate a chi pure ha uno straccio di lavoro. Tuttavia rappresentano, oggi come oggi, le prospettive maggiormente praticabili, in grado di rimettere in gioco la realizzazione di un "sogno" tipicamente italiano. 

Forza ragazzi, proviamo a rimettere in moto questa Italia in difficoltà, nei modi che ci sono possibili!!!!

NICOLLE LOPOMO 

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